Preme e spinge al cambiamento l’educazione interculturale e trasformativa per superare l’etnocentrismo e decostruire, con fatti educativi, più che a parole, stereotipi e pregiudizi.
Tocca anche alla
scuola il compito di insegnare le lingue ma soprattutto di valorizzarle perché
non esistono lingue e culture più importanti di altre!
Conoscere e
usare più lingue è fattore di ricchezza e permette di sviluppare l’attitudine
al confronto costruttivo, non conflittuale.
È importante
elaborare un’idea dinamica e mobile delle lingue (e delle culture), a partire
dalla scoperta di contatti e prestiti linguistici. Essere bilingue è una
componente significativa e pregnante della condizione dei bambini con
background migratorio.
Il significato
di bilingue oggi è profondamente cambiato. Bilingue non è solo colui che
conosce due lingue in egual misura, alternandole nelle interazioni orali e
scritte e nei vari contesti. Bilingue è colui che è in grado di alternare uno o più linguaggi, in
differenti contesti, con una dimestichezza differente ma pur sempre sciolta,
spontanea, non faticosa.
Lungi dal
confondere le cose, l'incontro con altre lingue aiuta a raggiungere una
maggiore consapevolezza delle caratteristiche della propria lingua.
Per questo la scuola da sola non basta! Serve stringere ‘alleanze’ educative nel territorio e ricercare forme di integrazione tra esperienze e apprendimenti formali, informali e non formali, per offrire ai giovani maggiori prospettive formative e di vita. È la comunità educante.
I minori di
cittadinanza non italiana sono un mondo a sé rispetto a quello degli adulti, non
solo per ragioni generazionali, ma per la differente esperienza della
migrazione, scelta in prima persona da genitori o familiari di riferimento e,
invece, tendenzialmente subìta dai figli.
Ben 35 anni
orsono, la Circolare
ministeriale n. 205 del 1990 stabiliva “L’educazione interculturale
rifiuta sia la logica dell’assimilazione, sia la costruzione ed il
rafforzamento di comunità etniche chiuse ed è orientata a favorire il
confronto, il dialogo, il reciproco arricchimento entro la convivenza delle
differenze”.
Il compito
educativo, in questo tipo di società, assume il carattere specifico di
mediazione fra le diverse culture di cui sono portatori i giovani: mediazione
non riduttiva degli apporti culturali diversi, bensì animatrice di un continuo,
produttivo confronto fra differenti modelli.
L’importanza
della scuola dell’infanzia
La frequenza, delle
alunne e alunni con cittadinanza non italiana, della scuola dell’infanzia, è
più ridotta rispetto ai pari italiani: rappresentano infatti l’84% del totale
dei bambini non italiani (contro il 94% dei bambini italiani 3-5 anni).
È, questo, un
dato che desta preoccupazione dal momento che, lo sviluppo linguistico, incide
sulla scolarità futura, sulla qualità dell’inserimento nella scuola primaria, sugli
apprendimenti in generale.
Dai tre ai sei
anni lo sviluppo linguistico è formidabile sia in termini quantitativi che
qualitativi.
Vi sono minori
che conoscono il codice linguistico di origine solo oralmente; altri sono
invece bilingui (una lingua orale e familiare, praticata a casa, e una lingua
scritta, nazionale e di scolarità); altri ancora hanno appreso nella scuola del
Paese d’origine anche una lingua straniera.
Per i bambini
più piccoli, dare due nomi alle cose ha le caratteristiche di un processo ludico,
l’acquisizione spontanea del nuovo codice avviene soprattutto ‘facendo’,
giocando insieme agli altri. Per i ragazzi più grandi, invece, la L2, diventa
da subito anche lingua veicolare, attraverso la quale vengono trasmessi
concetti, idee, astrazioni, contenuti.
L'iscrizione e la frequenza della scuola dell'infanzia è anche una prima importantissima opportunità di socializzazione, non solo per i bambini ma anche per i genitori che possono dare vita a collaborazioni, amicizie, supporti e scambi di informazioni. Si instaurano rapporti di fiducia e legami con la comunità, si esce dall'isolamento, si "incontrano" nuovi approcci pedagogici, nuove attitudini alla genitorialità.
I ritmi e le
strategie di apprendimento sono estremamente diversi.
Diversi sono i
tempi richiesti dall’apprendimento linguistico:
- italiano L2 per la comunicazione di base (BICS:
Basic Interpersonal Communication Skills)
- italiano L2 come lingua veicolare di studio per
apprendere i contenuti disciplinari (CALP: Cognitive Academic Language
Proficiency).
È importante che i docenti siano consapevoli dei differenti sforzi e differenti tempi richiesti dalle due tipologie di apprendimento. JCummins, EmpoweringMinority Students, Association for Bilingual Education, Sacramento, 1989
Ugualmente importante è che l'idioma di origine non costituisca più un problema per le insegnanti ma diventi risorsa. Il bambino plurilingue è un bambino che racchiude dentro di sé un mondo variopinto e ricco di sfumature.
L’italiano per studiare corrisponde grosso modo al libello B1 del QCER (Quadro Comune Europeo di Riferimento per la conoscenza delle lingue). L’allievo non italofono impara l’italiano per studiare, ma nello stesso tempo ‘impara l’italiano anche studiando’, accompagnato in questo cammino da tutti i docenti che diventano ‘facilitatori’. Fondamentale, in questa prima fase, è l’aiuto allo studio in tempi extrascolastici, attivato nei territori grazie alle iniziative del volontariato, del privato sociale, dell’associazionismo
La Legge n. 106 del 29/07/2024, art. 11, “Misure volte all’inclusione degli studenti stranieri nelle scuole italiane”, prevede l’assegnazione di un docente dedicato all’insegnamento dell’italiano per stranieri nelle classi (non più solo nei CPIA) aventi un numero di studenti stranieri che si iscrivono per la prima volta al sistema nazionale di istruzione e che non sono in possesso delle competenze di base in lingua italiana, pari al 20% degli studenti della classe.
Col tempo, la lingua italiana diventa una seconda lingua madre adottiva ma, perché questo avvenga, la società deve riconoscere e valorizzare le varie lingue materne e la famiglia sostenere e incoraggiare l’apprendimento di più lingue.
Anche le famiglie possono molto in questa direzione, sostenendo l'uso della lingua madre in ambito familiare, per esempio. È importante che il mantenimento della lingua d’origine e, più in generale, il plurilinguismo, vengano vissuti come un’opportunità e non come un ostacolo all’apprendimento dell’italiano.
“Avere attenzione alla lingua parlata nel contesto familiare costituisce la base per l’apprendimento della lingua italiana”, è un’indicazione contenuta nelle Linee Pedagogiche per il sistema integrato 0/6, Ministero dell’istruzione, 2021.
Elvira
Mujcic “La lingua di Ana. Chi sei quando perdi radici e parole?” Infinito
Edizioni, 2015
L'albero delle lingue - RepertoirePlus
