Valorizzare la pluralità
Hannah
Arendt, nel suo celebre saggio “Le origini del totalitarismo” (1951),
sottolinea l’importanza del ‘diritto ad avere diritti’.
Amartya Sen,
con la sua ‘teoria delle capacità’, enfatizza la necessità di creare contesti
che permettano agli individui di sviluppare appieno le proprie potenzialità.
Contesti che diventino familiari, accoglienti, che permettano all’individuo sviluppare
il senso di appartenenza.
I giovani di
seconda generazione – nati in Italia ma privi della cittadinanza italiana –
vivono in una condizione di limbo giuridico e sociale che li pone al centro di
conflitti identitari profondi e non permette loro di concentrarsi semplicemente
nel proprio progetto di crescita, ma li impegna a far riconoscere la loro
presenza nella loro stessa società!
Questi
giovani devono confrontarsi con le barriere linguistiche che, come
sottolinea Jim Cummins, non si limitano alla
comunicazione quotidiana, ma incidono profondamente sull’acquisizione
delle competenze cognitive necessarie per il successo scolastico. J.
Cummins, “Empowering minority students: A framework for intervention”.
Un successo
scolastico condizionato anche dai ricongiungimenti familiari, strumento
fondamentale per il consolidamento di legami affettivi e sociali, a sostegno
della crescita del singolo e del suo inserimento nella società.
Il concetto
di appartenenza viene ridefinito nelle separazioni temporanee o permanenti
dalla famiglia e dall’ambiente di origine, generando sfide legate alla gestione
di identità multiple e al mantenimento dei legami con il Paese di origine.
Inoltre,
sottolinea Frantz Fanon, all’interno delle società che accolgono, la
mancanza di consapevolezza e sensibilità verso le diverse culture e tradizioni
straniere, produce dinamiche di ‘alterizzazione’, spesso radicate in stereotipi
negativi o vero e proprio rifiuto sociale, che possono avere conseguenze
devastanti sullo sviluppo identitario e sull’autostima dei giovani
migranti. F. Fanon, Les Damnés de la Terre, Éditions François Maspero, Paris, 1961.
Al contrario,
le seconde generazioni, se riconosciute e valorizzare come attori fondamentali
del cambiamento sociale, costruiscono identità ibride che, pur generando
conflitti, creano ponti tra culture diverse.
Un’educazione autenticamente interculturale, afferma James A. Banks, deve andare oltre la semplice tolleranza della diversità, abbracciando un approccio inclusivo che valorizzi le differenze come risorsa collettiva. J. A. Banks,An Introduction to Multicultural Education. 6th ed., Pearson, New York,2019.
Nuove possibilità, infatti, si creano grazie all’interazione tra società
civile e istituzioni pubbliche per favorire la creazione di ‘spazi di
negoziazione’ dove si elaborano nuove forme di appartenenza. H. K.Bhabha, The location of culture, Routledge, London, 1994.
Attualmente,
in Italia, si registrano 1.030.417 minori stranieri residenti ovvero l’11,5% del
totale dei minori - uno ogni nove. Tre quarti di loro sono nati in Italia. Sono una moltitudine di giovani sospesi tra burocrazia e valori che afferiscono a società non sempre in dialogo tra loro. Orizzonti
Condivisi, Centro Studi e Ricerche IDOS, Roma 2025.
Oscillazione,
cambiamenti, precarietà o ricchezza di valori?
Quando una famiglia decide di migrare, lo fa aldilà delle sole logiche economiche. I minori, trascinati nel progetto familiare, vivono una condizione di dipendenza dagli adulti - spesso assenti o in difficoltà – sono ostacolati dalle barriere culturali, linguistiche e sociali nel Paese accogliente e oscillano tra due o più culture.
L’acquisizione
della lingua e il coinvolgimento nella vita sociale sono passaggi
imprescindibili per l’integrazione e la partecipazione attiva alla società,
anche se continuano a permanere numerose minacce all’integrazione:
- lunghi
iter burocratici
- condizioni
abitative precarie
- assenza
di figure adulte di riferimento
La povertà
infantile non si limita a restringere le opportunità economiche, ma lascia
un’impronta indelebile sulla qualità della vita e sullo sviluppo psico-fisico,
compromettendo il pieno potenziale delle nuove generazioni. Unicef-WorldBank, Global Trends in Child Monetary Poverty According to InternationalPoverty Lines, New York, 2023.
I giovani
con cittadinanza non italiana rappresentano un ponte vivente tra mondi
culturali diversi, simbolo al contempo di continuità e trasformazione del
tessuto sociodemografico nazionale.
Una dualità
che non è priva di tensioni per la necessità di mediare tra le aspettative
delle famiglie - spesso legate alle tradizioni del Paese d’origine - e le
richieste della società italiana che, sostanzialmente, li sollecita
all’assimilazione. I giovani si barcamenano tra la volontà di mantenere la
cultura d’origine e il desiderio di interagire con la cultura ospitante.
È così che
diventano dei mediatori culturali!
L’assimilazione
implica l’abbandono delle radici culturali d’origine per abbracciare in toto i
valori, le norme e gli stili di vita della società ospitante. Non sempre è una
scelta volontaria. Talvolta, è la risposta alle pressioni sociali o alle
discriminazioni subìte. L’accettazione esterna è ottenuta al costo di una
alienazione profonda.
La scuola e
la società dovrebbero proporre un modello che non richieda il sacrificio delle
radici culturali per l’inclusione, valorizzando invece la pluralità
identitaria.
Le comunità
culturali chiuse offrono un rifugio ma, al contempo, limitano le opportunità di
interazione e crescita personale; la separazione, per quanto possa preservare
le tradizioni, rischia di confinare i minori in un microcosmo isolato.
Sembra che
promuovere spazi di dialogo interculturale favorisca l’incontro e la
collaborazione tra le diverse comunità. Nella marginalizzazione, il minore non
riesce a identificarsi né nella cultura di origine, perché distante dal
contesto, né nella cultura del Paese ospitante, perché inaccessibile o ostile.
Mentre il senso di non appartenenza può spingere i minori verso comportamenti
devianti o reti informali così la riduzione delle interazioni sociali, sia
all’interno delle comunità di origine sia nella società ospitante, insieme alla
mancanza di un senso di appartenenza, possono favorire l’insorgenza di
depressione, ansia o altri disturbi psicologici.
È possibile
valorizzare le proprie radici culturali, all’interno del nuovo contesto,
trovando un equilibrio tra continuità e innovazione. I minori che riescono a
integrarsi sviluppano il senso di una doppia appartenenza! La scuola, in
particolare, svolge un ruolo cruciale, offrendo non solo l’apprendimento
linguistico, ma anche spazi di interazione e confronto.
Se si
considera la stagnazione demografica che accompagna l’Italia, i minori
stranieri emergono non solo come una risorsa, ma come una leva imprescindibile
per l’innovamento strutturale e culturale del Paese. Rappresentano il nucleo
pulsante di una società potenzialmente più aperta, inclusiva e plurale.
Le famiglie transnazionali
Una parte
costitutiva della vita del migrante è la transnazionalità ovvero la capacità di
creare reti transnazionali, tra vecchie e nuove conoscenze e relazioni a
supporto del loro insediamento nella società prescelta. Sono impegnati a
costruire e mantenere rapporti tra più mondi, a connettere multiple
appartenenze. Infatti, la qualità dei legami transnazionali risulta essere
decisiva sugli esiti e i vissuti dei ricongiungimenti. La capacità del migrante
di esplicitare una progettualità positiva agisce su campi sociali che superano
i confini geografici, culturali e politici.
La capacità
di dialogare (e di far dialogare?) con le pluralità della società di
provenienza e la società eletta, può essere di aiuto nei difficoltosi
ricongiungimenti famigliari che affrontano:
·
cambio di
disponibilità economiche
· figli
ricongiunti che devono modificare il loro status economico, non sempre in senso
positivo
· nucleo
familiare di partenza differente dal nuovo nucleo migrato (nuovi partner, nuovi
figli, figli più grandi, società con prospettive e richieste differenti)
·
assenza del
supporto della famiglia allargata, sostituita dalle relazioni transnazionali
Le
famiglie transnazionali rappresentano un’istituzione sociale emergente.
Sono caratterizzate
dalla dispersione geografica dei propri componenti in più Paesi
e dal mantenimento di legami affettivi, sociali ed economici oltre i
confini dello Stato nazione. Hanno
nuovi rituali (chiamate e videochiamate, partenze e arrivi periodici) e scambi economici (come regali e
rimesse): guadagnare denaro in un luogo e spenderlo in un altro consente livelli di
consumo più elevati.
Altro
aspetto non trascurabile, è la capacità economica acquisita dalle donne
migranti, soprattutto se provengono da società dove il capofamiglia ha ancora
la responsabilità del mantenimento economico dei suoi componenti. Le madri
lavoratrici migranti producono reddito e imparano a costo di imparare a
condividere la cura dei loro bambini con altri caregiver. La migrazione dei padri e i redditi trasmessi
in patria continua, invece, ad essere percepita come una
naturale estensione del loro ruolo.
Il
fenomeno della migrazione non è però avulso dal mancato desiderio al
ricongiungimento familiare. Non sempre, infatti, le famiglie
desiderano ricongiungersi con conseguenze psicologiche importanti per
i minori rimasti in patria (Children Left Behind). Nonostante
la tecnologia a supporto del mantenimento delle relazioni a distanza, spesso le
persone appartenenti a famiglie transnazionali, arrivano
a non riconoscersi più. I momenti di temporaneo incontro, possono talvolta
tradursi in esperienze emotivamente ambivalenti,
fortemente desiderate ma anche destabilizzanti per i membri della
famiglia coinvolti.
I minori con
un background migratorio si possono quindi trovare ad affrontare differenti
problematicità legate al senso di appartenenza ad una o più società, al senso
di abbandono fino a quello di estraneità dai loro stessi genitori.
